Ma ora che la guerra fredda è finita e molto tempo è passato, è giusto ricordare la tragedia degli Italiani istriani e dalmati nelle sue esatte proporzioni, insieme alle vere cause che la determinarono, senza strumentalizzazioni, e ricordare anche la inadeguatezza dei Governi, dei Partiti e dei giornali che ebbero la grave responsabilità del silenzio. |
Di revisione in revisione anche la giornata del ricordo in memoria dei morti delle Foibe è diventata un 'altra cosa. Una sorta di rivincita dei fascisti. Praticamente nell'immaginario collettivo è la prova provata che i "komunisti" furono cattivi come i nazisti e quindi questi ultimi non furono poi cosi cattivi, comunque non più cattivi degli altri. Purtroppo la gente comune non ama verificare. Si informa dalla Tv che racconta più che altro balle. E siccome la TV in questi anni è stata più che altro nelle mani della destra, complice il silenzio colpevole della sinistra, più le uscite idiote dei Violante di turno con le storie della pacificazione ha cancellato il valore comune dell'antifascismo. Molti , a sinistra ingenuamente forse, a destra con la solita malafede, hanno confuso l'umana pietà per tutti i morti, con nell'equiparazione politica di chi combatte per la libertà e d i fascisti che invece combattevano per privarcene. Il corpaccione fascista dell'Italia non muore mai. Cosi in questi anni abbiamo avuto ministri repubblichini e fascisti senza che nessuno facesse un fiato. Ministri della Repubblica e deputati che ad essa hanno giurato fedeltà, che il 2 giugno vanno a salò a Predappio a commemorare i morti fascisti, tra il silenzio generale. Abbiamo el curve piene di svastiche, vediamo cortei dei naziskin, i muri delle città sono imbrattati dalla simbologia fascista e nazista ma sembra che questo non faccia particolare effetto. mentre meditate su queste domande leggetevi la storia delle Foibe. Vi porto alcuni punti di vista. giuseppe galluccio 11/2/08 _____________________________________________________________ Le foibe e il silenzio di allora QUESTO TRENTINO n° 8 del 17.4.2004 Giorgio Tosi Quest’anno, in occasione della giornata della memoria che ricorda la Shoa, si è parlato molto del dramma delle Foibe, ma in modo spesso strumentale e fazioso, quasi comparandolo allo sterminio degli Ebrei. Mi sembra opportuno qualche chiarimento, ora che le polemiche si sono attenuate e prima che comincino quelle che si riaccendono abitualmente nei dintorni del 25 aprile. La storiografia ha accertato che nell’autunno del 1943 e nel maggio-giugno del 1945 nei territori della Venezia Giulia, in particolare in Istria, vennero eliminati sommariamente migliaia di Italiani (circa 10.000 persone) fascisti e non fascisti dall’esercito iugoslavo, da formazioni partigiane slovene e croate, e da una parte della popolazione autoctona. Non tutti vennero "infoibati" nelle cavità carsiche: la maggior parte morì per fame, per malattia o per fucilazioni nei campi di concentramento iugoslavi. La causa principale di questa "pulizia etnica" fu la decisione iugoslava di annettere la regione alla nuova Repubblica titina, facendo valere il peso della maggioranza slava (vedi Giovanni Sale, padre gesuita, in La civiltà cattolica, 21 febbraio 2004, p. 327). La seconda causa fu la reazione dei combattenti e della popolazione contro le nefandezze compiute dai fascisti durante il ventennio, in particolare nell’Istria e nelle isole dalmate, e la dura e violenta occupazione nazifascista della Iugoslavia negli anni ‘41-’43; nel 1941 "la violenza dello Stato fascista toccò apici di parossismo: internamenti di massa di civili sloveni e croati, arresti a valanga di antifascisti italiani, rappresaglie di stampo nazista con esecuzioni collettive e incendi di villaggi, insediamento di organi polizieschi come l’Ispettorato Speciale di P.S. dove si torturavano anche le donne incinte, pogrom di aggressioni e devastazioni contro la comunità israelitica di Trieste... Una violenza indiscriminata e suicida incalzata dalle direttive impartite da Mussolini a Gorizia nel 1942... II 1941 preparò il disastro del 1943, l’occupazione nazista, le foibe istriane dopo l’armistizio" (Galliano Fogar, in Foibe e deportazioni, in Qualestoria 1989. Fogar viene considerato uno degli storici più preparati sulla questione, e certamente il più documentato). Bogdan Novak, storico sloveno anticomunista emigrato negli Stati Uniti, nota che altre etnie subirono la stessa sorte degli italiani e forse anche peggiore: "Durante l’inverno ‘44-’45, quando ormai Tito aveva imposto il suo dominio sulla parte orientale della Jugoslavia, interi reparti cetnici furono massacrati. Alla fine della guerra, tra il maggio e il giugno del 1945, intere divisioni di ustascia e domobranzi furono liquidate sommariamente con le armi automatiche... La situazione nella Venezia Giulia era identica" (B. Novak, Trieste 41-45, La lotta politica, etnica e ideologica, Mursia. Milano 1973, pp. 176-180). Diego de Castro, che ricopri i1 ruolo di consigliere politico italiano presso il Governo militare alleato che amministrava il ‘Territorio libero di Trieste’, concorda con Novak: "Dal 24 al 31 maggio 1945 furono massacrati almeno diecimila jugoslavi (domobranzi e cetnici) senza processo, nella foresta di Kocevje, dopo che gli inglesi li avevano consegnati ai partigiani di Tito" (D. de Castro, La questione di Trieste, Lint, Trieste 1981, vol. I, p. 212, nota 445). Potrei citare sul punto numerosi altri storici, ma la questione è un’altra. Perché nonostante la numerosa e documentata storiografia, incominciata subito dopo la guerra, è calato il silenzio politico sulle foibe per quasi 50 anni? Il Governo militare alleato sapeva e ha taciuto. Anche il Governo italiano sapeva e non ha neppure protestato. Nulla fece in sede di trattato di pace (Benedetto Croce parlò di clausole che mortificavano la dignità dell’Italia), né sollevò obiezioni quando cominciò l’esodo forzato di 350.000 Italiani dalla Dalmazia. Il padre gesuita Giovanni Sale, nell’articolo citato, dà questa spiegazione: "Furono in realtà motivi di ordine politico nazionale e internazionale che imposero tale imbarazzante silenzio su quanto era accaduto agli Italiani in quelle zone di confine. Innanzi tutto fu la nuova collocazione della Jugoslavia nello scacchiere politico strategico dell’Europa (la rottura con Stalin e l’avvicinamento di fatto agli Stati Uniti) che spinse le potenze occidentali, e tra queste anche l’Italia, ad assumere nei confronti di Tito un atteggiamento più morbido" (G. Sale, ibidem, p. 334). Inoltre agli inizi del 1945 il Governo di Belgrado aveva chiesto all’Italia l’estradizione di soldati e ufficiali italiani accusati di aver compiuto crimini di guerra durante il periodo della occupazione nazifascista della Jugoslavia nel ‘41-’43. "Questo fatto naturalmente imbarazzava molto il Governo di Roma... la maggior parte degli ufficiali indicati nelle liste trasmesse da Belgrado era stata immessa nelle unità del ricostituito esercito italiano, mentre altri occupavano addirittura posti di rilievo nell’amministrazione dello Stato... Inoltre non si credeva possibile che soldati italiani potessero aver commesso azioni così delittuose e perpetrato massacri cosi efferati come quelli che venivano addebitati ad essi. Da fonti documentali credibili risulta invece che i buoni e pacifici soldati italiani si lasciarono andare ad azioni di questo tipo... Quello dei massacri compiuti dall’esercito italiano nei Paesi di occupazione è ancora un brutto capitolo della storia patria tutto da riscrivere... In ogni caso il Governo italiano ritenne opportuno di non sollevare la questione delle foibe e degli eccidi nella Venezia Giulia, nella speranza che anche quella sui presunti crimini di guerra venisse in qualche modo insabbiata... Così di fatto avvenne: l’Italia acconsentì a dimenticare i massacri delle foibe in cambio della assoluzione morale concessa in sede internazionale per le ‘irregolarità’ (sic!) compiute dai propri soldati durante la guerra" (G. Sale, ibidem, pp. 337-338). lo credo che l’analisi di padre Sala sia sostanzialmente corretta. Dimenticare quei terribili fatti faceva comodo a tutti, scrive Sala. Purtroppo è stato così. Ma ora che la guerra fredda è finita e molto tempo è passato, è giusto ricordare la tragedia degli Italiani istriani e dalmati nelle sue esatte proporzioni, insieme alle vere cause che la determinarono, senza strumentalizzazioni, e ricordare anche la inadeguatezza dei Governi, dei Partiti e dei giornali che ebbero la grave responsabilità del silenzio. tratto da fiscamente.net ___________________________________________ 10 Febbraio: Il Giorno del Ricordo - Foibe ma non solo ...10 Febbraio 2007, il "Giorno del Ricordo”, fortemente voluto dalla destra nostrana, il più vicino possibile al "Giorno della Memoria, nel patetico tentativo di bilanciare gli orrori degli stermini di massa del nazifascismo, con questa cerimonia senza radici storiche e culturali. Un patetico tentativo di barattare 12 milioni di morti (fra ebrei e "diversi"), tutti attribuibili a colpe del nazifascismo, ad un numero imprecisato di morti (che tutti gli storici seri collocano intorno ai 5.000, "all included", di cui molti "komunisti" e partigiani, e non solo fascisti. Dal 2005 la giornata del 10 febbraio è dedicata alla commemorazione dei morti e dei profughi: FOIBE e non solo: “…La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del Ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della piu' complessa vicenda del confine orientale…" Così recita la legge istitutiva n. 92 del 30 marzo 2004 che vuole mantenere viva la memoria di quanto accaduto al termine della seconda guerra mondiale in Istria, nel Quarnaro e in Dalmazia. Tanto per la precisione. La Giornata del Ricordo non evoca “gli infoibati fascisti uccisi dai cattivi partigiani comunisti (secondo gli storici Gasparri, Bisi ed altri), ma TUTTI gli infoibati (anche quelli comunisti infoibati dagli ustascia croati), ed anche la tragedia dei profughi italiani in Jugoslavia. Il 10 Febbraio, Giorno del Ricordo, non richiama l’apertura di una foiba, la liberazione di pochi superstiti su 13 milioni di ammazzati, come nel caso del Giorno della Memoria. Il pretesto per la scelta del 10 febbraio è stato il collegamento al 10 febbraio 1947, data della firma del trattato di Parigi, che assegnò alla Jugoslavia il territorio occupato nel corso della guerra dall'armata di Tito. E’ allora il caso di tentare di rimettere in piedi uno straccio di verità storica, ad uso specialmente delle giovani generazioni, e delle deboli menti... Sintetizziamo? non è stato Tito ad attaccare l’Italia, ma Mussolini ad attaccare la Jugoslavia. Ad Auschwitz – Birkenau, nei periodi di massima “efficienza”, si facevano passare per i camini 2500 persone al giorno in media. Nella storia delle foibe, anche a voler prendere le cifre più alte riportate da storici o sedicenti tali di destra, si parla di 10.000 morti (dopo i vaneggiamenti iniziali che parlavano di 20/30.000 morti). Nei 10.000 sono inclusi, per dire, più di 5.000 “morti presunti”; cadaveri provenienti dai campi di concentramento nazifascismi e buttati nelle foibe; morti ammazzati dai nazifascisti nostrani e jugoslavi. Ed ANCHE, fascisti ammazzati dai partigiani. Quindi rispetto al solo campo di Auschwitz – Bierkenau, quando parliamo di foibe, parliamo di un totale di morti che non arriva a due giorni di ”lavoro” di un solo campo nazifascista. Tanto per la precisione. “…Quanti furono gli infoibati? Purtroppo è impossibile dire quanti furono gettati nelle foibe: circa 1.000 sono state le salme esumate, ma molte cavità sono irraggiungibili, altre se ne scoprono solo adesso (60 anni dopo) rendendo impossibile un calcolo esatto dei morti. Approssimativamente si può parlare di 6.000 - 7.000 persone uccise nelle Foibe, alla quali vanno aggiunte più di 3.000 persone scomparse nei gulag (campi di concentramento) di Tito…” Tanto per mettere in fila i fatti (che in genere sono ottimi segnali delle responsabilità), vediamo un po’ di cronologia: Cronologia della Campagna di Jugoslavia 27 settembre 1940 - Germania, Italia e Giappone firmano a Berlino il patto tripartito. 28 ottobre 1940 - L'Italia attacca la Grecia. 27 marzo 1941 - A Belgrado un gruppo di ufficiali dell'aeronautica, guidati dal Capo di Stato Maggiore gen.Dusan Simovic attua un colpo di stato rovesciando il governo filotedesco dei Karageorgevic, depone il reggente Paolo e insedia re Pietro II che ripudia l'alleanza con Hitler, il quale ordina di liquidare la Jugoslavia. 5 aprile 1941 - Trattato di amicizia e di non aggressione tra Jugoslavia e URSS. 6 aprile 1941 - La Germania invade la Jugoslavia e dichiara guerra alla Grecia. L'aviazione tedesca bombarda Belgrado (operazione "Castigo"). Anche l'Italia dichiara guerra alla Jugoslavia. 10 aprile 1941 - Occupazione tedesca di Zagabria e nascita della Croazia indipendente governata dal movimento filofascista degli "ustascia" di Ante Pavelic. 11 aprile 1941 - L'Ungheria dichiara guerra alla Jugoslavia. La II Armata italiana, comandata dal gen.Ambrosio, entra in Jugoslavia dalla frontiera giuliana. 12 aprile 1941 - Le forze armate tedesche occupano Belgrado. 17 aprile 1941 - Capitolazione dell'esercito jugoslavo. Re Pietro II e il governo, a bordo di aerei inglesi, vanno in esilio prima in Grecia e poi a Londra. 3 maggio 1941 - L'Italia si annette la provincia di Lubiana. 5 maggio 1941 - Il Partito comunista jugoslavo decide la resistenza armata con la guida di Tito. Quasi subito, però, ci sono anche sanguinosi scontri tra i vari gruppi di "resistenti" esistenti in Jugoslavia. 15 maggio 1941 - Viene costituito, sotto il controllo italiano, il Regno di Croazia. 8 maggio 1941 - Il Duca di Spoleto, Ajmone di Savoia - Aosta, è nominato re di Croazia con il nome di Tomislao II. 7 luglio 1941 - Primi combattimenti tra partigiani jugoslavi e reparti tedeschi e italiani. 3 ottobre 1941 - Il Montenegro occupato diventa protettorato italiano 10 Febbraio 1947: firma, a Parigi, del Trattato di Pace tra l'Italia e le nazioni vincitrici della seconda guerra mondiale. Un atto fortemente contestato, anche da personalità non certo accusabili di filofascismo (per tutte Benedetto Croce (sic!)), un trattato che viene imposto all'Italia senza alcuna possibilità negoziale (sarà definito, per tale ragione, "Diktat") e che segna in maniera drammatica le sorti del confine orientale italiano: cessione alla Jugoslavia di Zara, di Fiume e di gran parte dell'Istria, costituzione di uno stato cuscinetto, tra Italia e Jugoslavia, definito T.L.T. - Territorio Libero di Trieste, affidato alla tutela dell'ONU (che dovrà nominarne il Governatore) - e comprendente Trieste, il territorio ad essa immediatamente limitrofo ed una parte dell'Istria, corrispondente a circa un quarto della penisola. All'epoca, non meno che in tutti i decenni che ne sono seguiti, il Diktat del '47 è stato ripetutamente bollato per la sua ingiustizia ed iniquità: giudizio di certo sacrosanto […] Il Giorno del Ricordo, il giorno della firma di questo "iniquo diktat", al quale, se non andiamo errati, siamo stati portati dalla criminale politica del fascismo. Quando si decide la guerra si può vincere e si può perdere, come quando si menano le mani, si possono darle o si possono prenderle, e noi le abbiamo prese: si può fare a mazzate per difendersi o per attaccare, e noi abbiamo attaccato. E’ nella logica delle cose: chi perde, paga. E se durante la partita ha fatto delle porcherie, spesso viene ripagato con le stesse porcherie. Quante furono le vittime? Da un’indagine minuziosa del Centro studi adriatici raccolta in un albo pubblicato nel 1989 le fa scendere a 10.137 persone: 994 infoibate, 326 accertate ma non recuperate dalle profondità carsiche, 5.643 vittime presunte sulla base di segnalazioni locali o altre fonti, 3.174 morte nei campi di concentramento jugoslavi. Erano presi di mira tutti coloro che si opponevano al disegno dell'annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia, compresi molti antifascisti, membri del Cln che avevano fatto la Resistenza al fianco dei loro assassini. La "caccia al fascista", infatti, si esercitò, perfino con maggiore precisione, nei confronti di antifascisti, i componenti dei Comitati di Liberazione Nazionale di Trieste e di Gorizia, e gli esponenti della Resistenza liberaldemocratica e del movimento autonomistico di Fiume. Dunque, infoibati perché italiani. Lo sostiene anche lo storico Giovanni Berardelli: "La loro principale colpa era quella di essere, per la loro nazionalità, un ostacolo da rimuovere al programma di Tito di annessione del Friuli e della Venezia Giulia". Da cui l'odierna accusa di genocidio o di pulizia etnica. . Non vogliamo essere dissacratori, ma quando per superare la “soglia psicologica” dei 10.000 morti si ficcano dentro assassini comuni, morti partigiani, morti nei campi di concentramento, e si rimane ancora molto, troppo distanti dalla cifra-obiettivo: “…5.643 vittime presunte sulla base di segnalazioni locali o altre fonti…”. E’ sconvolgente giocare con la morte di tanti disgraziati! Il punto di vista dell'ANPI VIOLENZA FASCISTA Il Trattato di Rapallo, firmato nel 1920 tra il regno d’Italia e quello dei Serbi, Croati e Sloveni ebbe l’effetto di un fiammifero sulla benzina. «Il Trattato - è scritto nella relazione - accolse in pieno le esigenze italiane e amputò un quarto abbondante dell’area ritenuta dagli sloveni come proprio "territorio etnico"». La politica estera fascista fece il resto: «Nella Venezia Giulia vennero progressivamente eliminate tutte le istituzioni nazionali slovene e croate, le scuole furono italianizzate, gli insegnanti licenziati o costretti ad emigrare, vennero posti limiti all’accesso degli sloveni nei pubblici impieghi». All’eliminazione politica delle minoranze, si accompagnò da parte del regime mussoliniano un’azione che «aveva l’intento di arrivare alla bonifica etnica della Venezia Giulia». In questo senso, la commissione mista ricorda la repressione attuata nei confronti del clero, che rappresentava un importante momento di sintesi della coscienza nazionale delle minoranze: «Tappe fondamentali dell’addomesticamento della Chiesa di confine furono la rimozione dell’arcivescovo di Gorizia, Francesco Borgia Sedej, e del vescovo di Trieste, Luigi Fogar. I loro successori applicarono le direttive "romanizzatrici" del Vaticano», anche attraverso «l’abolizione dell’uso della lingua slovena nella liturgia e nella catechesi». ODIO ANTI ITALIANO La prima conseguenza di «questo programma di distruzione integrale delle identità» fu la fuga di gran parte delle minoranze dalla Venezia Giulia: «Secondo stime jugoslave emigrarono 105 mila sloveni e croati». Ma soprattutto si consolidò, agli occhi di queste minoranze, un fortissimo sentimento anti italiano, «l’equivalenza tra Italia e fascismo» che portò «la maggioranza degli sloveni al rifiuto di quasi tutto ciò che appariva italiano». Come reazione, si radicalizzarono gli obiettivi delle organizzazioni clandestine slovene che, verso la metà degli anni Trenta, «abbandonarono le rivendicazioni di autonomia culturale nell’ambito dello Stato italiano per puntare invece al distacco dall’Italia dei territori considerati loro». Un’azione che trovò l’appoggio del Partito comunista italiano. La risposta fascista fu pesante: dopo l’occupazione dei territori jugoslavi nel ’41, il regime «fece leva sulla violenza, con deportazioni nei campi istituiti in Italia (Arbe, Gonars, Renicci), il sequestro di beni e l’incendio di case». Ed oggi la destra- con l’appoggio delle rappresentanze democratiche da destra a sinistra - amano descrivere gli avvenimenti che interessarono le regioni dell’Istria e della Dalmazia alla fine della seconda guerra mondiale. Parlano di migliaia e migliaia di persone gettate nelle cavità carsiche con l’unica colpa di essere italiani, parlano di genocidio verso il solito popolo di brave persone, intitolano piazze ai martiri delle foibe, descrivono le popolazioni slave come feroci barbari assetati di sangue, innalzano di anno in anno il numero dei morti includendo ormai qualsiasi persona sparita in quegli anni e in quelle terre, ripropongono costantemente l’immagine del soldato italiano umanitario vittima di un furore omicida. Balle!!! Uno sterminio etnico c’è stato, è vero: quello perpetrato dalle truppe italiane durante l’occupazione dei Balcani nella seconda guerra mondiale. Occupazione che ha comportato l’esodo di intere popolazioni, la deportazione e la morte di migliaia di persone nei campi di concentramento, le esecuzioni sommarie di civili, la distruzione di villaggi, la sostituzione pianificata delle popolazioni locali con coloni italiani, le violenze e gli stupri pepetrati dagli occupatori italiani. Un vero progetto di pulizia etnica attuato dal regime fascista e documentato dagli archivi militari. Quando ricordiamo gli orrori della seconda guerra mondiale, sarebbe quantomeno onesto ricordare innanzitutto i crimini rimossi del colonialismo italiano. Isolare la “questione delle foibe” dal contesto della guerra voluta dal fascismo è una squallida operazione politica. Il dieci febbraio, i rappresentanti delle istituzioni democratiche saranno in piazza a commemorare le vittime delle foibe, taluni a pregare per loro e per il loro triste destino, ma in tutti deve rimanere vivo il monito che anche questa atrocità, senza se e senza ma , appartiene al lungo strascico di follia, odio e violenza perpetrata dalla nefasta politica nazifascista. bye bye da FrancoM Il blog dei democratici vesuviani. www.vesuvionline.ilcannocchiale.it |