A due anni dal più grave attentato terroristico mai compiuto, che ha fornito l’alibi per la guerra “preventiva e infinita”, si moltiplicano gli interrogativi rispetto alla versione ufficiale, mentre nuovi documenti gettano una luce inquietante sulla Casa Bianca Fu Walid Jumblatt, uno dei più esperti politici del Medio Oriente, leader del Partito Socialista Libanese, a dirmelo: “Se lo sono fatti loro”. |
da: http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=4827 USA: a due anni dall’11 settembre di Fulvio Grimaldi L'ERNESTO del 01/07/2003 A due anni dal più grave attentato terroristico mai compiuto, che ha fornito l’alibi per la guerra “preventiva e infinita”, si moltiplicano gli interrogativi rispetto alla versione ufficiale, mentre nuovi documenti gettano una luce inquietante sulla Casa Bianca. Fu Walid Jumblatt, uno dei più esperti politici del Medio Oriente, leader del Partito Socialista Libanese, a dirmelo: “Se lo sono fatti loro”. Me lo dichiarò a Beirut il giorno dopo l’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono, sebbene a un mondo sconvolto dall’orrore e dalla pietà i dirigenti statunitensi avessero immediatamente e senza il minimo dubbio indicato una pista, Al Qaida, di cui fin lì nessun aveva sentito parlare. Il mondo si convinse, e ogni interpretazione alternativa apparve impensabile. Fuorché nel mondo arabo e, più in generale, nel cosiddetto Terzo Mondo, quello delle brutalità coloniali, dei colpi di stato, delle operazioni coperte dalla CIA. Da noi, qualche dubbio si insinuò tra coloro che avevano memoria di 35 anni di stragi di Stato e mafiose e che avevano metabolizzato il termine “terrorismo di Stato”. Da Belgrado a Baghdad, da Kabul a Teheran, da Pyongyang all’Avana, passò la falsa dicotomia “ terrorismo e guerra infinita”. La controinformazione USA taglia il naso delle bugie Passò dappertutto: non negli Stati Uniti, non (in quel modo totale) in Francia e Germania. Protagonisti dell’antagonismo sociale e pacifista, gruppi di ricerca, studiosi della levatura di un Chomsky o di un Chossudovsky, quest’ultimo con il suo gruppo di superesperti di “operazioni sporche” Global Research, dettero vita a una formidabile campagna di controinformazione. Produssero ricerche, dossier, libri di denuncia, che minarono alla base il teorema dell’attacco terroristico esterno, ma non trovarono che scarsissima e timida eco nei mezzi d’informazione europei, in particolare italiani. La crescita di questa controinformazione impose ai dirigenti statunitensi una contromossa, esplicitatasi, a poche settimane dal secondo anniversario degli attentati, nel rapporto della Commissione parlamentare d’inchiesta, quella che in un primo momento aveva inteso affidare al famiglio Henry Kissinger, candidatura subito sepolta dall’indignazione generale e, soprattutto, dai congiunti delle 2.800 vittime. Il risultato furono 858 pagine di sostanziale conferma della versione ufficiale – complotto islamico e dirottatori arabi di Al Qaida teleguidati da Osama in una grotta dell’Afghanistan – con qualche riserva in un protocollo aggiuntivo, firmato da deputati democratici, circa il boicottaggio dell’amministrazione che, bloccate tutte le indagini, si confermò impegnata a negare collaborazione e accesso a documenti dell’Intelligence, in particolare ai vitali rapporti quotidiani forniti al presidente. Si aggiungevano le note contestazioni circa gli avvertimenti, ignorati, che servizi di tutto il mondo, compresi CIA e FBI, autorevoli inchieste giornalistiche, come una, sconvolgente, della BBC, avevano, molto tempo prima fatto pervenire alla Casa Bianca circa imminenti attacchi alle Torri Gemelle con aerei di linea. E soprattutto Echelon, che intercetta e analizza ogni comunicazione in tutto il mondo, nulla riferì su battaglioni di “terroristi” che, individuati e seguiti, circolavano e operavano negli USA. Cent’anni di “Torri gemelle” All’attualità si aggiunge la storia. Basta un elenco limitato degli episodi di terrorismo USA, confermati dagli stessi documenti ufficiali, oggi declassificati e reperibili nei National Security Archives di Washington. 1898, guerra ispano-americana scatenata dall’esplosione della corazzata Mainenel Golfo dell’Avana, con centinaia di marinai nordamericani uccisi, attribuita agli spagnoli ma provocata dai servizi USA per mobilitare l’opinione pubblica statunitense in favore della guerra. Cacciata degli spagnoli da Cuba, Portorico, Filippine, colonizzati da Washington al costo di 250.000 e passa vittime nei paesi aggrediti e di alcune migliaia di soldati statunitensi. 1915: la nave-ospedale Lusitania viene affondata al largo delle coste americane: muoiono feriti, sanitari, equipaggio, colpa attribuita agli U-Boot tedeschi che, però, si dimostrò non avessero l’autonomia per arrivare fin lì. Risultato: dichiarazione di guerra agli imperi centrali. 1941, attacco giapponese alla flotta USA del Pacifico, attacco più volte invano segnalato da agenti statunitensi a Tokio, compreso il dispaccio che alle 9 del mattino del 9 dicembre, giorno dell’attacco, giunse nelle mani del generale Marshall, ministro della Difesa. Finirono ai pesci 2800 marinai, tanti quanti furono le vittime dell’11 settembre… Il pubblico appoggiò la guerra al Giappone, le zampe sull’Asia (Robert Stinnett, Il giorno dell’inganno, Il Saggiatore). 1962: fallita l’invasione della Baia dei Porci, occorre una rivalsa. Il Pentagono approva il Piano Northwood (National Security Archives) redatto dai capi di stato maggiore riuniti. Prevede il bombardamento della base di Guantanamo da parte di statunitensi travestiti da cubani, l’affondamento di navi di esuli cubani, una serie di attentati dinamitardi in tutti gli States e, ciliegina sulla torta, l’abbattimento di un charter USA con centinaia di studenti nordamericani nello spazio aereo di Cuba ad opera di un caccia USA ridipinto da Mig cubano. Kennedy, ansioso di evitare un confronto nucleare con l’URSS, rinvia il piano. Mesi dopo viene assassinato, secondo le ricerche più credibili dalla mafia cubana di Miami. 1964, Golfo del Tonchino: la flotta USA finge un inesistente attacco nordvietnamita e ne trae il pretesto per radere al suolo il Vietnam del Nord e lanciare una guerra, anche chimica, che costerà la vita a 3 milioni di vietnamiti e a 55.000 GI’s. 1993 e 1995, Sarajevo: gli ascari musulmani degli USA, sotto Izetbegovic, fanno saltare per aria due volte una fila di donne e bambini al mercato, colpa attribuita ai serbi (ancora oggi dal “convertito” Adriano Sofri) bombardamenti Nato. Inchieste ONU e giornalistiche provano la responsabilità del presidente bosniaco. 1999, gennaio, Racak, Kosovo: i tagliagole UCK addestrati dagli emissari USA di Al Qaida allestiscono la messa in scena di 45 corpi di “civili” uccisi a freddo e mutilati “dai serbi”, l’inchiesta dimostra la falsità dell’assunto, ma l’opinione pubblica mondiale è pronta a sostenere la “guerra umanitaria” e la distruzione della Jugoslavia. Dai nazisti ai Bush, dai Bush ai Bin Laden La dinastia Bush, dal nonno Prescott, filonazista, al primo e al secondo George, rivela sbalorditive partnership della famiglia del presidente con la famiglia Bin Laden. Soci, tra l’altro, nella società petrolifera Arbusto; nella Banca BCCI (governata dal comune banchiere Khaled Bin Mafouz), condannata come principale riciclatrice di narcodollari e strumento per il finanziamento dei contras in Nicaragua; nel gruppo Carlyle, la più grande multinazionale di armamenti, fornitrice delle FFAA nordamericane, e nell’associata Bioport, che, unica produttrice negli USA del vaccino anti-antrace, ha tratto superprofitti dal panico antrace successivo all’11/9. Noam Chomsky: “La più rilevante forma di terrorismo è, di gran lunga, il terrorismo di Stato, cioè terrorizzare complessivamente la popolazione tramite azioni sistematiche eseguite dalle forze dello Stato stesso. Questo tipo di terrorismo costituisce parte essenziale di un progetto sociopolitico imposto dal governo, finalizzato a soddisfare le prerogative dei privilegiati”. Quanto alle partnership tra dirigenti USA e Al Qaida, sullo sfondo di quel “Reichstag americano” (i nazisti bruciano il parlamento e danno la colpa ai comunisti, ne segue la liquidazione di ogni opposizione) utilizzato come lasciapassare per guerre finalizzate all’eliminazione di disobbedienti e avversari potenziali, nonché alla riduzione delle democrazie a mafia-stati di polizia, gli elementi di prova sono convincenti. Resta innegabile e cruciale la creazione nel 1979, ad opera della CIA, di Al Qaida, punta di diamante di un estremismo politico islamico che ovunque è stato istigato dagli USA (fino al recente tentativo USA e israeliano di far comparire gruppi di Al Qaida nei territori palestinesi occupati e in Iraq. I testi delle madrassa islamiche (scuole coraniche) in Afghanistan e Pakistan, zeppi di incitamenti alla guerra santa e al terrorismo bombarolo, furono redatti e stampati dagli USA e diffusi per alimentare quel fanatismo che avrebbe poi portato carne da cannone ad Al Qaida, prima per la guerriglia contro l’Armata Rossa in Afghanistan, poi per l’addestramento e il sostegno ai secessionisti bosniaci e kosovari e, infine, per i vari focolai della destabilizzazione terroristica in Cecenia, Indonesia, Filippine, Kashmir, Algeria. Il tentativo delle agenzie di sicurezza USA di intervenire sui patrimoni e canali di finanziamento dei Bin Laden dopo l’11 settembre viene bloccato da Bush. Osama stesso è visitato in una clinica di Dubai, nel luglio precedente agli attentati, dal caposervizio CIA della regione. La sua estradizione, offerta nel 1997 dal Sudan, viene respinta da Washington, che chiede di spedirlo… in Afghanistan. Occorre un “trauma di massa” La necessità di disporre di uno strumento di provocazione è stata del resto teorizzata dai padri del Programma per il nuovo secolo americano (PNAC), che dagli anni di Reagan riunisce un think tank di estremisti biblici in stretto rapporto con gli integralisti del sionismo israeliano, oggi al comando della nave d’assalto statunitense (Perle, Wolfowitz, Cheney, Rumsfeld, Rice, Ledeen, Brzezinski, Abrams, in buona parte anche alla vetta dell’JINSA, Istituto Ebraico per gli Affari della Sicurezza Nazionale). Brzezinski inneggia agli Stati Uniti impero mondiale e, per neutralizzare l’ostacolo costituito ”dall’atteggiamento molto più che ambivalente della cittadinanza statunitense riguardo alla proiezione esterna del potere degli Stati Uniti”, raccomanda un “trauma collettivo”. Per Brzezinski, coloro che prediligono le libertà individuali e la sovranità della propria nazione rappresentano “le forze del disordine globale”. Quindi “l’opinione pubblica deve essere manipolata, ricordandosi che l’opinione pubblica ha appoggiato l’impegno degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale in gran parte a causa dell’effetto sconvolgente dell’attacco giapponese a Pearl Harbour”. Aggiunge: “Il consenso di massa potrebbe essere agevolato da un trauma di massa”, suscitato da “una minaccia esterna davvero rilevante”. Il trauma di massa più efficace dei nostri tempi è stato l’attacco dell’11 settembre. Gli Stati Uniti dispongono di ben 12 agenzie d’Intelligence per la sicurezza. Queste agenzie utilizzano Echelon, che controlla le comunicazioni elettroniche mondiali, Carnivore, che intercetta la posta elettronica, Tempest, una tecnologia in grado di leggere lo schermo di un computer alla distanza di vari isolati, i satelliti Keyhole, che hanno una risoluzione di 4 pollici, più altre tecnologie di spionaggio delle quali in parte non sappiamo nulla. In più sono alla loro totale dipendenza i servizi segreti dei paesi alleati o vassalli. È stato Giulietto Chiesa a riassumere i termini del primo, in ordine di tempo (dopo gli avvertimenti ignorati), episodio che dimostra una consapevolezza e dunque una connivenza tra i più alti livelli dell’establishment statunitense. Giocando in borsa su 2800 vittime Qualcuno fece montagne di dollari scommettendo in anticipo sul crollo delle azioni delle due compagnie aeree – American Airlines e United Airlines – poi coinvolte nell’attacco dell’11 settembre. Fu speculato anche su Morgan Stanley Dean Witteer & Co, che occupava 22 piani del WTC, e Merrill Lynch & Co, che aveva i suoi uffici nelle immediate vicinanze. Nelle operazioni furono coinvolte anche Axa Reinsurance (che possiede il 25% di American Airlines), Marsh & McLennan, Munich Reinsurance, Swiss Reinsurance e Citigroup. Tutta questa attività si svolse tra il 6 e il 10 settembre 2001. Chi la gestì? Secondo un’indagine FBI subito insabbiata, alti dirigenti di un’importante banca americana, la Bankers Trust (BT), che piazzarono un grosso pacchetto di put options (contratti futures che consentono all’acquirente di guadagnare se le azioni stanno per crollare) e call options (azioni che si acquistano in previsione di forti rialzi). La BT aveva acquistato nel 1997 la A.B.Brown, una banca minore presieduta da A. Buzzy Krongard, che divenne dunque vicepresidente della BT. Nel marzo del 2001 Krongard fu promosso da Bush a Direttore Operativo, numero tre, della CIA. Cionondimeno si occupò dell’insider trading. Senza contare che la BT-AB Brown è stata denunciata in Senato per riciclaggio di denaro sporco. Torna il fantasma della narcotrafficante BCCI. E si afferma la preconoscenza di un altissimo dirigente CIA. Niente di strano per un presidente che, dopo aver polverizzato l’Afghanistan con la scusa dell’11 settembre, ha governato con i suoi proconsoli il ritorno delle coltivazioni di oppio in quel paese, estirpate dai Taleban, con un raccolto record di 2800 tonnellate nel 2002. Da quest’oppio arriva un utile di 500 miliardi di dollari, sospettati di aver contribuito alla campagna elettorale di colui che vinse grazie solo al riconteggio di una Corte Suprema, tutta nominata dal papà. Ma anche il fratello Jeb Bush, governatore della Florida, si è dato da fare, cancellando abusivamente 90.000 elettori dalle liste elettorali dello Stato, elettori perlopiù neri del partito democratico. Aerei fantasma al Pentagono e piloti elettronici contro le Torri Gli interrogativi più drammatici riguardano quello che è successo al Pentagono e alle Torri Gemelle e, soprattutto, quello che non è successo. I dirottatori, secondo gli investigatori, avevano frequentato scuole di pilotaggio solo per piccoli apparecchi turistici monomotore, tipo Chessna. Quanto agli enormi aerei di linea Boeing 747 e 757 che si sono schiantati, i comandanti di aviazione civile più esperti (compresi quelli italiani, in una trascurata trasmissione di Corrado Augias) hanno negato che avrebbero mai potuto essere pilotati da persone con simile elementare preparazione, perlopiù con manovre manualmente irrealizzabili, come quelle del sorvolo delle Torri, la virata di 360 gradi, la discesa a bassissima quota in pochi secondi e il centro, in virata, su edifici equivalenti per tali proiettili a un fiammifero. L’aeronautica USA ha la capacità di bloccare grandi velivoli di linea e di guidarli con comando a distanza. Esperimenti in questo senso con Boeing e Global Hawk, fatti decollare, volare e atterrare elettronicamente tra Edwards in California e Edimburgh in Australia, sono stati coronati da successo. Tecnologia poi ampiamente impiegata con i Predator, aerei senza pilota, in Afghanistan. Inoltre la guida da terra Home Run si sovrappone alla trasmissione dei dati delle scatole nere, cancellandoli irreversibilmente dopo mezz’ora dall’uso. E nulla s’è mai saputo dalle scatole. Come dimostrato da Thierry Meyssan, giornalista investigativo francese, nel libro L’incredibile menzogna (Fandango Libri), nessun Boeing 757 può aver colpito il Pentagono. Tutte le immagini scattate subito dopo l’impatto mostrano l’assenza, fuori e dentro il Pentagono, del più piccolo rottame di un aereo con 39 metri apertura alare, 12 metri di altezza della carlinga, quattro grandi motori. L’apertura causata dall’impatto nei tre cerchi dell’edificio è larga tra i 5 e i 6 metri per una lunghezza di 100metri: esattamente quella che verrebbe provocata da un missile Cruise. Solo due testimoni, entrambi dipendenti del Pentagono, affermano di aver visto avvicinarsi un Boeing, tutti gli altri parlano di oggetti metallici lucenti, simili a missili o a piccoli aerei. Nel corso dell’ora e mezza circa (dalle 8.48 del volo 11 sulla Torre Nord, alle 10.10 della caduta del volo 93 in Pennsylvania), l’intero apparato di difesa antiaerea statunitense è rimasto bloccato, inevitabilmente per ordini superiori. È procedura standard dell’aeronautica USA e della Guardia Nazionale, collaudata in occasioni di centinaia di intrusioni involontarie, o di prova, tenere pattuglie di caccia pronte al decollo nel giro di 2,30 minuti, capaci di raggiungere ogni punto del cielo statunitense in 8 minuti. I quattro aerei dirottati hanno circolato fuori rotta per oltre 90 minuti e nemmeno dalla base Andrews, 50 km e un minuto di volo da Washington, si è alzato alcun velivolo per l’intercettazione. Né sono entrate in azioni le batterie automatiche, poste attorno alla Casa Bianca, al Pentagono e al Centro Commerciale Mondiale. Nessuna inchiesta hai mai voluto approfondirne le ragioni. La Federal Aviation Administration aveva allertato il comando della difesa aerea nazionale sull’avvicinamento del volo American Airlines 77 a Washington. Mancavano 50 miglia all’impatto, l’edificio non fu evacuato, ma, grazie a un’acrobatica virata finale di 270 gradi, il presunto Boeing evitò il lato del Pentagono dove si trovano gli uffici del segretario alla Difesa e del capo di Stato Maggiore – evacuati tre settimane prima! - e colpì l’area piena di dipendenti civili. Sarebbero bastati meno di tre minuti per intervenire dalla base Andrews. Bush nella scuola e nessun dirottatore sugli aerei Il presidente Bush ha tenuto un comportamento che neanche il direttore di Gardaland. Ha mentito quando affermò in Tv che aveva visto lo schianto alla televisione alle 8.45, ora in cui nessuna emittente aveva ancora trasmesso immagini della tragedia. Il presidente stava visitando una scuola elementare in Florida. Alle 9 meno 5 un suo collaboratore gli comunica il primo schianto. Un impassibile Bush continua a conversare con i bambini. Stesso comportamento dopo che gli viene comunicato il secondo impatto. Regola imprescindibile per un capo di Stato imponeva di chiamare immediatamente i collaboratori più stretti, organizzare la difesa, mettersi al sicuro. Di tutti i 19 dirottatori – sette sono stati segnalati in vita nei loro paesi – non esiste immagine tranne quella di Mohammed Atta, il presunto capo, su un passaporto di plastica e cartone miracolosamente scampato a schianti e fiamme e volato fino a quattro isolati dalle Torri. I dirottatori si sarebbero ovviamente imbarcati nei rispettivi aeroporti, dove li avrebbero filmati le innumerevoli telecamere che in tutti gli aeroporti statunitensi riprendono ogni presenza. Dove sono tali filmati? Quale prova migliore per convincerci dell’esistenza dei dirottatori che l’esibizione su tutte le tv, infinite volte, dei nastri che mostrano i terroristi? Esplosioni, Torri che crollano su se stesse Le torri sono implose, crollando su se stesse, esattamente come quando si abbatte un edificio con cariche esplosive. I costruttori di edifici verticali interpellati hanno negato che questi crollerebbero venendo colpiti lateralmente da oggetti come i Boeing. Molti testimoni, trascurati dall’inchiesta, compreso un giornalista della BBC, hanno distintamente udito esplosioni successive agli impatti. Per effettuare un circostanziato esame del crollo, sarebbero serviti i rottami di ferro. Ma le 2800 tonnellate di questi rottami sono stati rimossi e fatte sparire in 24 ore da ditte che la stampa ha collegato alla mafia, le stesse che si occuparono delle rimozioni delle macerie dell’edificio dell’FBI a Oklahoma City, dopo l’esplosione attribuita al singolo “matto” Timothy Weigh. Si è parlato di incendi furiosi che avrebbero fatto fondere le strutture d’acciaio. Peccato che il kerosene bruci a 800 gradi e l’acciaio fonda solo a 1250-1500. Nessuna inchiesta neanche qui. Cui prodest Lo spazio impone un limite all’elenco di assurdità, menzogne, depistaggi, insabbiamenti. Ma la logica politica esige l’esame del cui prodest, degli effetti ricavati da ciò che Condoleezza Rice, Consigliere Nazionale per la Sicurezza, aveva definito: “una grande occasione” per le guerre all’Afghanistan e, soprattutto, all’Iraq, i cui piani erano sul tavolo di Bush molto prima che presunti terroristi “costringessero” gli Stati Uniti e i loro vassalli alla “guerra contro il terrorismo”. La CIA ha visto aumentare i propri poteri interni ed esterni fino alla supervisione sul meno affidabile FBI e il suo budget del 42%; le forze armate hanno goduto di un incremento finanziario del 37%, fino alla cifra siderale di 500 miliardi di dollari. Con il Patriot Act, il governo dei manipolatori delle elezioni in Florida ha drasticamente ridotto le libertà civili negli Stati Uniti, e ha imposto l’impunità universale dei propri killer, dall’Afghanistan a Cuba, dall’Iraq alla Jugoslavia. Sulle ali delle satanizzazioni personali e della demonizzazione di culture e religioni, da Nasser a Milosevic, da Ho Ci Min a Castro, da Boumedien-ne a Kenyatta, rilanciate con efficienza totalizzante e la complicità del sistema informativo, ci si è mossi a disintegrare Afghanistan, Iraq, Palestina, Colombia, e ci si appresta alla resa dei conti con altre “realtà canaglia”, da Cuba al Venezuela, dalla Corea del Nord alla Cecenia russa e ovunque agisca il tentacolo CIA chiamato Al Qaida, per finire con l’antagonismo nazionale e di classe nei paesi industrializzati. L’inerzia dell’informazione “antagonista” È solo delegittimando questa classe dirigente, rivelandone le strategie criminali, che il rullo compressore della guerra può essere reso visibile e, dunque, neutralizzato. Le sconvolgenti scoperte fatte dai ricercatori “fuori controllo” dovrebbero trovare ampio spazio nella comunicazione e nella mobilitazione delle forze di sinistra. Qualcuno dovrebbe gridare, come nei Vestiti dell’imperatore di Andersen: “Il re è nudo”. “Il potere costituito si ammanta di una mimetizzazione culturale, utilizzando tattiche per le quali mantiene senza soluzione di continuità una logica di plausibilità. Una sottile, onnipresente e spesso non esplicita propaganda (non di rado placidamente condivisa da chi dovrebbe opporsi) promuove presso l’opinione pubblica un’estesa fiducia ed accettazione dell’autorità dell’establishment, nonché delle definizioni di quest’ultimo di bene e male, impedendo così al pubblico di valutare seriamente la realtà per cui è lo stesso establishment il male per definizione... Il progetto diviene irrefutabilmente chiaro solo nel contesto degli esiti, oppure indicando le effettive prove dell’ingerenza criminale. Il pubblico è stato sistematicamente condizionato ad ignorare tali contesti (chi parla più della Jugoslavia?) e a condannare coloro che richiamano l’attenzione su di essi (deridendoli e biasimandoli come “teorici della cospirazione” e “dietrologhi”). Così, il controllo su accesso e diffusione delle informazioni, che costituiscono il riscontro dell’ingerenza, in larga parte bastano a proteggere il programma dell’establishment dallo smascheramento. Dalla delegittimazione”.(Paul David Collins, The hidden face of terrorism, the dark side of Social Engineering, from antiquity to September 11. email: thefaceunveiled@excite.com ). Siti consigliati: http://freebooter.da.ru/ http://austin.indymedia.org/ http://www.americanstateteerrorism.com/ http://www.americanfreepress.net/ http://whatreallyhappened.com/ http://www.unansweredquestions.net/ http://globalresearch.ca/ http://fromthewilderness.com/ http://truthout.com/ il manifesto, 17/5/3. la Repubblica, 11/4/2, 11 settembre, una strage evitabile. |