News: LA COLLINA - FUGA DA SAN PATRIGNANO
(Categoria: Canapa e Droga)
Inviato da ferocibus70
domenica 02 febbraio 2014 - 19:11:30


 


opium_PAPAVERO.jpgHo sempre sostenuto che le comunità terapeutiche per tossici  non servissero a niente ma erano deleterie. Istituti totalizzanti dove si lucrava sul dolore altrui con la pretesa di insegnare agli altri come vivere la loro vita!

E che Muccioli fosse in bilico tra il santone ed un pericoloso delinquente è noto da tempo. Almeno a chi voleva vedere!


SULLA collina c'è la salvezza, l'unica via di fuga dalla droga. Per questo mamma e papà devono vivere lì e non possono scappare. Andrea è una bambina che vive in un mondo apparentemente tranquillo, fatto di amore e serenità, ma anche di catene e abusi. Violenze che non vede. E' nata e cresciuta a San Patrignano e solo oggi è riuscita a parlare della sua storia. Ne ha tratto ispirazione per il suo primo romanzo, La Collina (edizioni Fandango Libri, 18 euro), che Andrea Delogu ha scritto con lo sceneggiatore Andrea Cedrola.  




Ripercorre le vite dei suoi genitori, due ex tossicodipendenti che vivevano in comunità, ma anche di tutti i 'salvati e i sommersi' nella battaglia contro l'eroina. Ma quello che stupisce parlando con questa donna di 32 anni è il suo aspetto solare. Non c'è pessimismo, non si intravede rabbia, non traspare dolore. Quasi a conferma che dopo una guerra si può rinascere. "Ho avuto un'infanzia felice - dice - Mio padre era l'autista e l'uomo di fiducia del capo della comunità. Per questo lo vedevo poco, era spesso fuori. Anche mamma aveva un lavoro, si occupava di fotografie. Avevamo una nostra casa e mangiavamo tutti a mensa. Per me era normale vivere in mezzo a 2.000 persone". L'eroina. Era la fine degli anni '70, quando l'eroina prendeva tante vite e molti genitori cercavano la salvezza dei figli in comunità. Era anche il periodo in cui scoppiavano le prime polemiche su San Patrignano e il suo capo Vincenzo Muccioli. Quello che Andrea racconta nel libro è un mondo che aveva regole rigide e dove era importante obbedire. Lì c'era un solo 'padre padrone', nel libro Riccardo, che decideva per tutti. Aiutava le famiglie a liberarsi dall'eroina, ma impone la sua legge. Era amato, ma anche temuto. "Noi avevamo un dio, lo potevi vedere, toccare. Era il padre di tutti. Nel libro l'ho chiamato Riccardo. Ci imponeva regole rigide, ma per me era una cosa normale - spiega Andrea Delogu - C'erano anche punizioni pesanti. L'ho capito solo in seguito. Quando siamo andati via avevo dieci anni e sono tornata a rivedere quei luoghi solo molti anni dopo". Il padre-padrone. Il capo della comunità era una guida che decideva tutto, anche chi amare o odiare. "Quando mio padre conobbe mia madre chiese il permesso a Riccardo per frequentarla. Era lui a decidere se potevano stare insieme. All'interno della coppia mia mamma, nel libro Barbara, era più ribelle rispetto a papà, nel libro Ivan. E' grazie a lei che non mi sono persa nell'adorazione della figura di Riccardo. Quell'uomo si proponeva come un 'sostituto' delle famiglie che non erano riuscite a liberare i figli dall'eroina. Ma era mamma a spiegarmi che quell'uomo non era 'un dio'. Mi ha sempre detto che il mondo era un altro per prepararmi al momento nel quale saremmo usciti". 'Un mondo perfetto'. Andrea cresceva in un ambiente 'diverso' rispetto ai suoi coetanei, ma era serena. Seguiva i genitori e si sentiva al sicuro. Non pensava a quello che c'era oltre la collina, al 'mondo fuori'. "In quegli anni uscivamo per andare a trovare i parenti, ma non cercavo la libertà. Amavo il mondo della comunità. In collina si viveva senza soldi, a contatto con la natura, conoscevo tutti. Non c'erano vizi. Nessuna differenza fra le persone - racconta Andrea - Tutti avevano da mangiare". La bimba non si faceva troppe domande, ma dal racconto emerge quasi subito che quel mondo non era un paradiso. Da quel posto molti cercavano di scappare e venivano puniti, a volte picchiati. "Vedevo persone con dei lividi, ma pensavo che ci fosse un motivo. Mi fidavo degli adulti, non stava a me chiedermi il perché. Vedevo pure persone arrivare in condizioni difficili per la droga, ma non mi facevo domande. Ero serena. Gli adulti nascondevano anche situazioni e abusi più gravi". Un paradiso amaro. Con il tempo la collina diventa un posto pieno di insidie. Un 'paradiso amaro' con troppi segreti. E il romanzo prende il ritmo di un thriller. Il capo della comunità non era "un dio perfetto" e crescendo la bambina si trova di fronte a un'altra realtà. "Riccardo era un visionario. E' stato il primo a occuparsi del problema dell'eroina, ma a un certo punto ha voluto controllare troppe cose. Ha voluto troppo potere ed è diventato spietato. In questa storia non ci sono eroi. Molti si sono salvati, ma non tutti". Per salvarsi Ivan, il padre di Andrea, decide che è arrivato il momento di andare via. "Mio padre era entrato in comunità per proteggermi, ma in seguito ha capito che proprio lì potevo essere in pericolo. Mise in salvo il suo nucleo familiare e portò tutti via. Mia madre voleva aiutare anche gli altri, ma non fu possibile. Lui era più lucido". La fuga. Per la bambina cresciuta sulla collina, in 'un mondo perfetto' fatto di condivisione e di apparente libertà, tutto cambiò nel giro di pochi giorni. Iniziò un periodo difficile, fatto di sofferenza. "Ero nata lì e per me quel posto era 'casa'. Non potevo tornarci e ho sofferto - spiega Andrea - Ero cresciuta in un ambiente pieno di animali, senza la paura di attraversare la strada e di finire sotto una macchina. Siamo andati a vivere a Rimini. Non ero abituata a prendere appuntamento per andare a trovare gli amici, né a dire in continuazione ai miei dove mi trovavo. Penso comunque che quello fosse il momento giusto per lasciare la comunità. Stavo crescendo". Il coraggio di raccontare. Ora la bambina è diventata una donna. Sa cosa è successo e racconta per la prima volta la sua storia. Lo fa senza rabbia, senza rancori. Non rimprovera nulla alla madre e al padre, un tempo schiavi dell'eroina. "Non sono una vittima. Con la droga i miei genitori hanno fatto un errore. Hanno riempito un vuoto, sbagliando. Non posso accusarli, anzi mi sento orgogliosa di loro. Mi hanno evitato di soffrire, soffrendo al posto mio - dice - Sono nata in un momento brutto, è come nascere in guerra". Una battaglia quella della sua famiglia contro la droga che è stata seguita da un lungo silenzio. "Per 18 anni sono stata zitta. Non ho raccontato mai che cosa avevo vissuto. Avrei dovuto spiegare troppe cose - aggiunge - Solo oggi sono riuscita a trovare il coraggio di parlare di questa storia, rintracciando tante persone che hanno condiviso quell'esperienza con noi. Mi sono liberata. Avevo paura, ma ora sto cominciando a vivere".

da repubblica.it








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