News: FARMACI PROIBITI
(Categoria: Canapa e Droga)
Inviato da ferocibus70
lunedì 06 novembre 2006 - 15:15:02



Ieri sono stato a trovare un amico in ospedale, operato il giorno prima per la rimozione della colecisti. Il giorno dell'intervento gli avevano applicato un apparecchio per l'analgesia continua. La mattina seguente l'avevano staccato. Il pomeriggio aveva dolore. Nonostante ripetute richieste l'infermiere di turno si rifiutava di praticargli altro analgesico e/o chiamare il medico di turno per sottoporgli la cosa. Ma son convinto che anche chiamando il medico il dottore avrebbe  detto che il mio amico doveva sopportare. Nove volte su dieci va cosi.



 
Parlo per cognizione di causa, visto che sono un operatore sanitario. Secondo voi è giusto che una persona debba sopportare il dolore, quando oggi la scienza mette a disposizioni tecniche e farmaci per ogni situazione ed esistono pochissimi casi in cui è impossibile intervenire sul dolore? A mio avviso assolutamente no. E credo che una larga maggioranza di persone sia d'accordo. Ma perchè avviene questo?
L'Italia è la più indietro nelle terapie del dolore. Non è un caso che ultimamente il S.Raffaele di Milano, dovendo tagliare le spese di gestione, ha chiuso il reparto di terapia del dolore. Un problema grosso è che scontiamo il retaggio della cultura cattolica, che assegna una funzione salvifica alla sofferenza. La Bibbia, il modo in cui è stata interpretata, dice che la donna partorirà con dolore. Cosi il dolore assume una rilevanza metafisica quasi, e non è più il semplice effetto di una malattia o di un trauma. Non è più un evento che si può e si deve combattere. Moltissimi studi affermano che combattere il dolore è spesso essenziale, nella guarigione. In molti casi il dolore non è più il sintomo, ma diviene la malattia. Pensiamo al dolore cronico, ed al decadimento psicofisico del soggetto che questo comporta. Anche nello studio dei malati terminali, si è visto che il dolore contribuisce molto all'evoluzione rapida e nefasta della malattia.
Un individuo in preda a dolori forti e costanti, ad un certo punto invocherà la morte come liberazione. Se invece si riesce ad abolire il dolore si assiste ad un recupero del soggetto che riprende  vitalità. Ed oggi più nessuno nega le implicazioni tra mente e corpo e tutti riconoscono che nelle malattie gravi la risposta del soggetto sia spesso essenziale per la guarigione.
L'altro problema è che l'antidolorifico per eccellenza è la morfina ed i suoi derivati. Che è una "droga", personificazione stessa del demonio. Eppure pochi farmaci hanno l'efficacia della morfina, dei suoi derivati e degli oppiacei in genere. Voglio dire che nessun altro farmaco raggiunge il proprio scopo con la stessa efficacia della morfina. Essa è sicuro che nel quasi totalità dei casi abolirà il dolore, qualunque dolore. fa parzialmente eccezione il dolore neuropatico, ma si sta provando con ottima efficacia un altro derivato della morfina, l'ossicodone, non ancora disponibile in Italia. Per il fatto che la morfina è considerata una "droga" e non un farmaco (che come tale ha indicazioni, controindicazioni, effetti colltarali come tutti gli altri) spesso sentiamo dire che  deve essere usata "con attenzione" in quanto induce  tolleranza e dipendenza, per cui "è meglio non usarla". Ma anche questo è un falso problema.
La tolleranza è quel fenomeno per cui nell'uso prolungato l'organismo si "abitua" al farmaco rendendo necessario aumentane la dose per ottenere gli stessi effetti.
La dipendenza è il fenomeno per cui dopo un certo periodo di uso di determinate sostanze l'organismo non riesce più a "farne a meno" andando incontro. in caso di sospensione brusca, ad una  sindrome di astinenza, che varia a seconda dei farmaci (o droghe, o comunque sostanze) usati. Ritengo qui inutile spiegare i complessi meccanismi alla base di tali fenomeni, perchè mi interessano altri aspetti. Basti sapere per quanto riguarda la tolleranza essa si instaura solo un tempo abbastanza lungo e spesso la necessità di aumentare il dosaggio sembra più legata all'aumento del dolore per l'aggravarsi della malattia, soprattutto nelle forme tumorali. Per quanto riguarda la dipendenza, nella pratica l'instaurarsi di dipendenza da un oppiaceo, soprattutto dalla morfina per un uso terapeutico, è piuttosto raro. Infatti differentemente dall'uso, diciamo  cosi, voluttuario, cioè legato al piacere, alla gratificazione, nell'uso terapeutico il legame è col dolore. Scomparso il quale il soggetto non sentirà alcun richiamo, usando la precauzione di sospendere il farmaco gradatamente.
Ma a anche se dessimo per scontato il rischio di indurre il soggetto alla dipendenza, sarebbe questa una preoccupazione valida a limitare l'uso della morfina in malati terminali che hanno magari aspettative di vita di pochi mesi? Che vuoi gliene freghi al paziente che sa di avere pochi mesi della dipendenza? Ed  in qualunque caso credo spetterebbe a lui se correre il rischio o meno, una volta reso edotto. Eppure quante volte sentiamo dire dai medici, con aria grave , che "non la morfina bisogna andarci piano, perchè induce dipendenza". Ho avuto diversi scontri con medici che negavano la morfina a malati terminali perchè "gli fa male". Che male peggiore della sofferenza per dolori atroci può incorrere ad un malato terminale? E che male può incorrere ad un qualunque paziente affetto da dolore grave per un'unica o un paio di somministrazioni? Quindi il problema può essere solo culturale, di cattiva informazione. Le leggi non aiutano, dato che il meccanismo di prescrizione della morfina, catalogata come stupefacente, è farraginoso. Il medico ne dovrebbe avere una disponibilità molto maggiore, con procedure semplici. Insomma dovrebbe bastare una sua semplice prescrizione come per gli altri farmaci e non la compilazione di appositi ricettari, registri di carico e scarico ecc ecc. Noto anche che per molti altri farmaci che inducono tolleranza e dipendenze certe e ben più gravi degli oppiacei, questi discorsi non vengono assolutamente, o solo raramente , presi in considerazione. Avete mai visto un soggetto in crisi di astinenza da benzodiazepine, o altri psicofarmaci? Vi assicuro che la crisi di astinenza provocata dagli oppiacei è una sciocchezza a confronto. Eppure non si trova un medico che rifiuti di prescrivere, per qualche banale disturbo del Valium, del Tavor o medicinali simili. Cioè Benzodiazepine maggiori e minori, dichiaratamente tossiche, che inducono dipensenza e tolleranza in maniera accertata. 
Stesso discorso per ipnotici e sedativi vari.  
Questa miscela di cultura cattolica e cattiva letteratura ha fatto si che l'Italia è all'ultimo posto delle classifiche per cure palliative e terapie del dolore. Due numeri per rendere chiara la cosa: solo il 3% dei malati terminali riceve cure adatte ad alleviare il dolore; la morfina rappresenta solo lo 0,30 % della spesa nazionale per farmaci, nonostante sia un farmaco, preferendo usare altri farmaci che costano di più, hanno effetti collaterali enormi ( pensiamo ai fans) e sono molto meno efficaci.... Perciò a mio avviso è indispensabile che si possa incominciare a discutere di queste realtà senza approcci ideologici, senza lo schermo del vaticano, senza intenti di propaganda politica. Un salto culturale enorme per una paese ipocrita e bigotto come questo. Un paese dove una fortissima criminalità organizzata che fa soldi a a palate con il traffico di droga è una lobby potentissima perchè si mantenga il regime culturale e giuridico del proibizionismo. Senza il quale vedrebbe drasticamente ridotti i suoi profitti.
gg 13/5/06

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