News: MINIBOT. PREPARANO UN 'ALTRA TRUFFA COME CON I MINIASSEGNI??
(Categoria: POLITICA)
Inviato da ferocibus70
sabato 08 giugno 2019 - 14:24:50


Il governo, capeggiato dalla Lega vuole mettere in circolazione dei minibot per finanziare le promesse impossibili fatte in campagna elettorale (perenne!!). Draghi ha già detto che o è moneta, quindi illegale che la si stampi, o sono altro debito. A me viene in mente la colossale truffa dei miniassegni . I giovani sicuramente non la conoscano. Sarebbe utile che q2ualcuno glielo spiegasse. Nel 1976 furono messi in circoli assegni cartacei di importo tra le 50 e le 350 lire. Per ovviare alla carenza di "spiccioli" che erano un problema serio allora, perchè non c'erano i pagamenti elettronici. Solo che poi un mucchio di banche e pseudo tali cominciarono  a mettere in circolo miliardi di quei miniassegni senza copertura reale. Poi ad un certo punto furono bloccati. Un mucchio di gente perse soldi, non tanti perchè erano tagli piccoli, che non consentivano accumuli di grosse cifre. I soliti pochi noti guadagnarono illecitamente miliardi. Nessuno pagò mai davvero se non i soliti Taliani. Leggetene la breve storia se vi interessa (admin)

I giorni di panico per i miniassegni

Non c' erano stati ancora i mutui subprime, né i pacchetti finanziari di "derivati" che stanno creando grandi preoccupazioni fra i risparmiatori in questi giorni di crisi mondiale e di rischio recessione. Eppure il 26 marzo 1976 gli sportelli palermitani del Credito Italiano, ma anche di altre banche, furono presi d' assalto da migliaia di persone desiderose di aver cambiati immediatamente in denaro contante degli strani bigliettini di carta. 



Nello stesso momento, anche nei negozi e nei bar il nervosismo tra i clienti dava luogo a scene come questa: «Questa è una truffa», urlano i clienti che vogliono pagare con quegli strani bigliettini e che la cassiera non vuole accettare dicendo «da stamattina non valgono più». Vista l' insistenza eccitata dei clienti che si ritengono truffati, interviene il direttore del locale: «Signori calmatevi. Non avete sentito alla radio che la procura di Perugia ne ha ordinato il sequestro su tutto il territorio nazionale?». «Ma che vuole che ce ne freghi - è la replica - voi commercianti ce li avete dati e voi ce li cambiate». «Mi dispiace, andate a cambiarli in banca» è la conclusione secca del direttore. Cos' era successo? Bisogna fare un passo indietro. In coincidenza con un' inflazione galoppante iniziata nel ' 74, con il crollo della lira, con la gente che non riusciva a "sbarcare il lunario", con una forte recessione, con la prima "austerity" per la crisi petrolifera, e con l' aumento della disoccupazione (i dati siciliani erano davvero drammatici), mentre la borghesia benestante imboscava il gruzzolo in Svizzera, la Zecca sfornava un' enorme quantità di banconote, mentre la coniazione delle monete rimaneva stazionaria, abbassando fortemente il rapporto banconote-monete. Così, già nel 1975, le monete da 50, 100 e 200 lire erano diventate merce rarissima. I commercianti non disponevano di spiccioli per dare il resto e, invece della legittima monetina di Stato, rifilavano caramelle, francobolli, cerotti salvelox, cioccolatini, biscotti, gettoni telefonici. Ma anche i gettoni diventarono preziosi, si compravano anche a 500 lire l' uno, mentre alcuni speculatori ne facevano incetta, così come speculavano anche sulle scarse monetine. Citando una nota canzone dell' epoca, i consumatori sempre più truffati esclamavano: «Caramelle non ne voglio più!». Di fronte a questa crisi di spiccioli che l' inefficienza statale non riusciva a risolvere, le organizzazioni dei commercianti ebbero un' alzata d' ingegno: facciamo noi quel che non fa la Zecca. Battiamo moneta! E nacquero i "miniassegni", specie di assegni circolari di piccolo formato (misuravano 6 centimetri per 11) del valore nominale di 50, 100 e 150 lire. I primi miniassegni furono emessi in Italia dall' Istituto Bancario San Paolo su ordine dell' associazione commercianti di Torino nel dicembre 1975. Due mesi dopo anche Palermo si attrezza. L' iniziativa è dell' associazione provinciale degli industriali, che chiede l' emissione dei miniassegni al Credito Italiano, sede centrale di Palermo. Segue a ruota la Federazione dei commercianti in accordo col Banco di Sicilia. La città viene invasa da questa strana carta-moneta. La circolazione di questi bigliettini si estende su tutto il territorio nazionale. Così se a Roma giravano i miniassegni del Banco di Sicilia, a Palermo circolavano quelli delle Autostrade di Venezia e Padova, o quelli degli industriali lombardi, o quelli del Turismo di Genova, o quelli degli agricoltori di Ferrara, o, ancora, quelli dello stabilimento alimentare Star, eccetera. Si calcolò allora che in questa operazione fossero state coinvolte non meno di terntadue banche, che avevano emesso carte per un valore nominale fra i 200 e i 300 miliardi di lire. I consumatori erano tutto sommato soddisfatti, e non ricevevano più caramelle. Ma il 25 marzo 1976 la procura della Repubblica di Perugia emette un provvedimento di sequestro su tutto il territorio nazionale degli assegnetti da 100 e da 150 lire, per violazione delle norme sulla emissione di biglietti di banca, per ingiusto profitto delle banche e per violazione delle leggi sull' assegno bancario circolare. La notizia data dal primo giornale radio dell' indomani mattina getta non diciamo nel panico ma nella preoccupazione tutti i possessori di miniassegni, con le conseguenze descritte all' inizio. A Palermo in una giornata ritornano nei depositi di via Roma del Credito Italiano 125 mila pezzi da cento lire (equivalenti a 12 milioni e mezzo); sul milione di pezzi (100 milioni di lire) che la banca aveva stampato e messo in circolazione in città. La stessa sera, essendo arrivato in Questura l' ordine di sequestro, si presentarono in banca il vice questore Boris Giuliano e il commissario D' Antone della Squadra Mobile (due nomi che torneranno nelle cronache palermitane con destini opposti): in un clima di generale perplessità, i due poliziotti prelevarono tutti gli assegni da 100 lire. C' erano in deposito anche quattrocentomila pezzi da 150 lire stampati freschi freschi dall' istituto di credito, che però non furono sequestrati perché non erano stati messi ancora in circolazione. L' indomani i commercianti ritornarono al vecchio sistema, e ricomparvero le caramelle di resto anche per i clienti diabetici. Ma lentamente, nei giorni seguenti, si formò un fronte di resistenza che continuò a far circolare gli assegni contestati dal magistrato. Molti, sia commercianti che consumatori, non intendevano rinunciare ai miniassegni, e continuavano a tenerli in circolazione cercando di convincere la gente ad accettarli ancora. D' altro canto i funzionari della Questura dicevano che il loro dovere era quello di sequestrare gli assegni detenuti dalla banca e non quelli che erano nelle casse dei commercianti o nelle tasche delle persone. Pian piano, anzi con straordinaria celerità, il provvedimento del magistrato di Perugia fu dimenticato da tutti, e i miniassegni riconquistarono nuova e rigogliosa cittadinanza. A Palermo aziende e società private ricominciarono a stampare i loro "pizzini", magari chiamandoli "buoni di cassa" anziché assegni. Mentre la Banca Cooperativa tra gli impiegati del Banco di Sicilia emetteva e metteva in circolazione i suoi "regolari" miniassegni da 100 lire. Il fenomeno continuò ancora fino agli inizi del 1978, quando finalmente la Zecca, munitasi di nuove attrezzature, coniò e mise in circolazione un centinaio di milioni di pezzi di una nuova moneta da 200 lire (chiamata il "bronzino") insieme a pezzi da 100 e da 50 lire. Lentamente i mitici miniassegni cominciarono ad uscire di scena, diventando poi merce ricercata solo dai collezionisti sia italiani sia stranieri.

GABRIELLO MONTEMAGNO 2008 repubblica.it







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