Tratto da Canisciolti Enrico Deaglio sta ultimando il montaggio di un film sull’angosciante notte dello scrutinio per le elezioni politiche tra il 10 e l’11 aprile. Lo vedremo ai primi di novembre. È quasi la seconda puntata, l’epilogo, speriamo, del dvd uscito in febbraio, Quando c’era Silvio che fu augurale. La notte dei brogli potrebbe essere il titolo: Deaglio ha fatto un’inchiesta minuziosa in Italia e negli Stati Uniti - la Florida, l’Ohio - e ha tirato i fili pesando i fatti accaduti. Che cosa ha scoperto? Il dvd affronta non soltanto il mistero delle schede bianche scomparse....... |
Tratto da Canisciolti Enrico Deaglio sta ultimando il montaggio di un film sull’angosciante notte dello scrutinio per le elezioni politiche tra il 10 e l’11 aprile. Lo vedremo ai primi di novembre. È quasi la seconda puntata, l’epilogo, speriamo, del dvd uscito in febbraio, Quando c’era Silvio che fu augurale. La notte dei brogli potrebbe essere il titolo: Deaglio ha fatto un’inchiesta minuziosa in Italia e negli Stati Uniti - la Florida, l’Ohio - e ha tirato i fili pesando i fatti accaduti. Che cosa ha scoperto? Il dvd affronta non soltanto il mistero delle schede bianche scomparse, ma fa capire come un broglio elettorale può essere avvenuto a livello centrale nella trasmissione dei dati. Nel pieno di quella notte il ministro dell’Interno Pisanu si recò in modo inconsueto non a Palazzo Chigi, ma nella residenza privata del presidente del Consiglio, palazzo Grazioli. Che cosa aveva di così segreto e di così urgente da dire a Berlusconi? Finita la visita si interruppe la rimonta, il flusso dei voti a favore della Casa delle Libertà cominciato quasi nel mezzo della notte dopo che per ore e ore l’Unione era stata largamente vincente. Ci fu evidentemente uno scontro fra i due. (Pisanu sarà perdonato mesi dopo). Ma come mai, se si era messo in moto un simile meccanismo nel controllo del conteggio, tutto si bloccò al momento del mirato sorpasso di Berlusconi che restò sotto, alla Camera, di appena 25 mila voti consegnando all’Unione il premio di maggioranza? I democristiani della Cdl, a un certo momento di quella notte, di fronte alla macroscopica truffa - un milione, un milione e mezzo di voti travasati? - non se la sentirono più di avallarla e dissero di no? La notte dei brogli di Deaglio è anche un giallo.Certo, fu una strana notte. I sondaggisti, offesi dalle critiche che li accusano di incompetenza, sostengono ora che nulla è accaduto a imbrogliare le carte: non è stata semplicemente tenuta nel dovuto conto l’eccezionale rimonta di Berlusconi soprattutto al termine della campagna elettorale, dal 3 al 10 aprile, quando la legge vietava la pubblicazione dei sondaggi. Ma in quella settimana i sondaggi riservati, commissionati da alcuni giornali e da altri enti, non certificarono per nulla la dimensione di quella rimonta e non la spiegano neppure l’aumento del numero degli elettori rispetto alle previsioni e il voto deciso all’ultimo momento. I risultati elettorali successivi, le amministrative di maggio e il referendum sulla Costituzione di giugno, così positivi per il fronte progressista, smentiscono del tutto questa teoria difensivistica dei sondaggisti. Perché parlare adesso di quella notte che sembra ormai così lontana? Perché la iattanza degli uomini di Berlusconi supera ogni limite. Nasce proprio dalla carenza di cultura democratica e dal non volersi dar ragione di aver perso le elezioni. Il dopo elezioni di Berlusconi è stato indecoroso: perché era così sicuro della vittoria e prima del voto accusava gli avversari di brogli preventivi? L’ex premier deve considerare l’essere stato gettato all’opposizione come una somma ingiustizia e una calamità, soprattutto per lui. Quei 25 mila voti in meno alla Camera e l’esigua maggioranza dell’Unione al Senato pare abbiano fatto perdere i lumi della ragione agli uomini più visibili della Casa delle libertà. La maggioranza, invece, ha una singolare timidezza, quasi si dovesse scusare di aver vinto. L’elettore dell’Unione ha di continuo la sensazione di una volontà compromissoria, della ricerca di un’intesa con persone legate a princìpi inconciliabili che la rendono impraticabile. Il disagio è diffuso, prende soprattutto quanti hanno avuto più passione e hanno più patito durante il degenerato quinquennio berlusconiano. I sondaggi, resi noti dopo le polemiche sulla Finanziaria, mostrano il calo di fiducia. Si sapeva bene che quella manovra rappresentava un traguardo difficile per le condizioni in cui è ridotto il Paese. Ci si chiede: di che cosa hanno discusso i leader dell’Unione durante l’estate? Soltanto del Libano e del partito democratico? Non hanno mai avuto il sospetto che era necessario discutere subito, a lungo, in modo approfondito, con i sindaci, gli imprenditori, i commercianti, con le variegate categorie di una società complessa che pensano, più o meno giustamente, ai propri interessi più che a un astratto bene comune tiepidamente propagandato? (Altro che comunicazione, portavoce, portavoce dei portavoce, portaborse di quei 101 ministri, viceministri, sottosegretari. Quando parlano alla tv - la visibilità - non pochi di loro, vien voglia di suggerirgli, di là dal vetro del video, come a scuola ai compagni che «non avevano le basi»). Martedì su l’Unità, Vincenzo Visco ha spiegato in modo esemplare i problemi della Finanziaria. Finalmente. L’avesse fatto prima, lui o qualcun altro del governo. Gli italiani, nei momenti difficili, sanno far fronte, sono migliori. Ma bisogna dirgli con chiarezza come stanno le cose, che sono vuote, oggi, le casse dello Stato, com’è grave la situazione, che cosa è necessario fare per salvare un Paese mandato in rovina da governanti irresponsabili che ora osano rialzare la testa. Altro che dibattere sul buffonesco tavolo dei «volenterosi». (I parlamentari dell’Unione sono stati autorizzati oppure no, almeno dai capigruppo, a parteciparvi?) Un po’ di coraggio, insomma, di rispetto per il programma sottoscritto da tutti i partiti dell’Unione. Perché subire minacce, ultimatum, invettive, ad esempio, sulla possibile fiducia da porre in occasione della legge Finanziaria? Altro che schermirsi, promettere che non sarà posta. La destra minaccia di scendere in piazza? Ci vada, è un ossimoro, ma è un suo diritto. Tra il novembre e il dicembre 2005 la fiducia sulla Finanziaria è stata posta al Senato dal governo Berlusconi tre volte di seguito: sul decreto della legge fiscale, sul disegno della legge fiscale, sul disegno della legge finanziaria. E anche la blanda legge sul conflitto di interessi è passata con la fiducia. Come nel 2004-2005, per due volte, la riforma della giustizia è stata approvata con il voto di fiducia: 30 giugno 2004 e il 19 luglio 2005. E ora? La legge sul conflitto di interessi va per le lunghe, come se non fosse il perno di una democrazia. La legge sulla riforma elettorale deve essere cancellata in fretta. Un referendum ha tempi troppo lunghi: gli elettori, infatti, sono stati privati da Berlusconi di ogni possibilità di scegliere i loro rappresentanti messi in fila dalle segreterie. Quei quattro milioni e più di persone che hanno liberamente votato per le primarie del centrosinistra non appartengono necessariamente alle strategie dei partiti che sono stati sì importanti nell’organizzazione di quella votazione. Ma non sono pochi a essere andati alle urne di quartiere per liberarsi dall’incubo Berlusconi: per la prima volta nella vita, guidati spesso dal passaparola. Ora i partiti in sovrappeso non devono tradirli. Li perderebbero. La legge sull’ordinamento giudiziario è stata per buona parte degli elettori del centrosinistra un’altra cocente delusione. Sarebbe stato possibile un decreto legge che avrebbe annullato del tutto quel rovinoso pasticcio dell’ex ministro Castelli e dei suoi mandanti.Un giurista come Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, aveva spiegato con la sua grande autorevolezza (Il Sole 24 Ore, 8 giugno 2006) la legittimità di un provvedimento d’urgenza. Si è detto che non si poteva, chissà perché. Si è preferito l’amato concetto «bipartisan» - si fa persino fatica a scrivere questa parola. Anche in quel caso non sono state mantenute le promesse. Ha vinto il «vorrei ma non posso» dell’ambiguità, il fare mescolato al non fare. Il Grande broglio di Beppe Cremagnani ed Enrico Deaglio - Il nuovo film-documentario di Diario |