News: MICROCREDITO : PER UN PUGNO DI DOLLARI
(Categoria: MONDO)
Inviato da ferocibus70
domenica 16 dicembre 2007 - 13:01:04
Il racconto sotto dimostra che le regole del capitalismo, delle banche, del profitto non sono ineluttabili. Ci sono altre strade che possono essere percorse, con soddisfazioni maggiori senza alterare le regole dell'economia.
gg16/12/07
MUHAMMAD YUNUS da Repubblica del 15/12/07
Nel villaggio accanto all' università in cui insegnavo, per esempio, i poveri senza risorse si rivolgevano agli usurai per ottenere denaro. Ricordo che contattai queste persone una a una, solo per accorgermi con stupore che 42 persone avevano accumulato un debito complessivo di 27 dollari. Nelle lezioni di economia parliamo sempre di milioni, se non miliardi di dollari. E invece a me è bastato pagare 27 dollari per salvare 42 persone che erano strangolate, torturate, dagli usurai. Quando camminavo nel villaggio, gli abitanti che avevo aiutato mi guardavano come se fossi stato un angelo sceso dal cielo.
Decisi allora di andare avanti, visto il risultato ottenuto con una cifra così modesta. Chiesi alla filiale della banca che si trovava nel mio campus universitario di appoggiarmi, solo per ricevere una risposta negativa dietro l' altra. Non è possibile concedere prestiti ai poveri, mi ripetevano in continuazione. La situazione si è sbloccata solo quando ho promesso di assumermi io tutto il rischio. I prestiti sarebbero stati intestati a me e io sarei stato l' unico responsabile delle eventuali insolvenze. Ha funzionato. Le persone cui concedevo i prestiti cominciarono a restituire il denaro. è a quel punto, per non dover più dipendere dal sistema di credito convenzionale, che ho fondato la Grameen Bank.
La mia banca, con le mie regole finalmente. Era il 1983 e fino a quel momento fra le persone che riuscivano a ottenere un credito dalle banche convenzionali, meno dell' 1 per cento erano donne. Mi proposi di arrivare a una proporzione del 50 per cento, ma mi sono fin da subito scontrato con difficoltà che affondano le loro radici nella nostra storia e nella nostra mentalità.
«Ma io non so maneggiare il denaro», mi dicevano alcune. «Io non ho mai toccato soldi in vita mia», allargavano le braccia altre. Più insistevo, e più loro si ritraevano. Ci sono voluti sei anni per raggiungere la proporzione del 50 per cento, ma alla fine mi sono potuto accorgere che un prestito che finisce in mani femminili porta molti più vantaggi alla famiglia, e così oggi il 97 per cento dei 7,5 milioni di clienti della Grameen Bank sono donne. A quel punto avevamo elaborato una nostra strategia: studiavamo le regole delle banche convenzionali e poi facevamo esattamente il contrario. Per noi, minori sono le disponibilità del cliente, maggiore è l' interesse. Il massimo è incontrare una persona che non ha proprio nulla. Ovviamente non chiediamo firme né garanzie e non abbiamo avvocati nei nostri uffici. Le banche tradizionali hanno come clienti gli uomini ricchi.
La Grameen Bank ha le donne povere. Le banche tradizionali aspettano che i clienti varchino i loro cancelli. Noi andiamo a cercare i clienti direttamente nei villaggi in cui vivono. E soprattutto ci interessiamo ai loro figli.
Una condizione per l' erogazione del prestito è che i figli vengano mandati a scuola. I genitori sono spesso analfabeti, ma dando un' educazione alle nuove generazioni possiamo sperare di cambiare il futuro del paese. La Grameen bank concede 30 mila borse di studio all' anno e grazie a lei oggi 18 mila ragazzi studiano alle superiori o all' università, e si apprestano a diventare professionisti e classe dirigente del futuro.
La storia della Grameen Bank dimostra che "povertà" non è un connotato legato a una persona. La povertà è imposta alle persone, ma nasce da un difetto del sistema. Le donne che ieri non avevano nulla e che oggi dirigono con grande perizia delle piccole imprese avevano già un talento, una sorta di dono chiuso dentro di sé. Quel che gli mancava era l' opportunità di usarlo, di strappare la carta in cui quel dono era avvolto.
Noi non abbiamo fornito un training o una formazione particolare ai nostri clienti. Abbiamo solo prestato una piccola somma di denaro iniziale, e il bonsai che aveva le radici costrette in un piccolo vaso si è così potuto allargare, è cresciuto e ha ingrandito le sue chiome. L' albero derivava da un ottimo seme e aveva in sé tutte le potenzialità. Era solo la povertà a impedirgli di svilupparsi. Oggi la rete del microcredito si è estesa in tutto il mondo, con tassi di restituzione del 97-98 per cento.
Abbiamo potuto dimostrare che la povertà dipende dalle istituzioni, dalla politica, da alcuni preconcetti che governano l' economia. Non dipende dai poveri, che anzi ne sono le vittime. Ciò che ci proponiamo di fare a questo punto è cambiare il concetto di "impresa". Attualmente questa parola indica un' istituzione che si propone di fare soldi massimizzando i profitti. Ma una definizione simile è un insulto per l' uomo, che viene trattato come un robot, una macchina che fabbrica denaro. L' uomo è molto di più, e la sua vita è fatta anche di attività come accudire gli altri, sacrificarsi, preoccuparsi e tentare di costruire un mondo diverso. Accanto alle "imprese per fare denaro" dovrebbero diffondersi le "imprese sociali". Le prime hanno il profitto come finalità.
Le seconde hanno il benessere sociale. Non auspico che le seconde sostituiscano le prime, ma che i due sistemi si affianchino e procedano insieme. Se un dollaro offerto in beneficenza esaurisce la sua funzione nel momento in cui viene speso, un dollaro investito in un' impresa sociale vive e rivive all' infinito, crescendo su se stesso. Grameen Bank e Danone recentemente si sono messe insieme per produrre in Bangladesh yogurt arricchito di micronutrienti e venduto a prezzi stracciati. Ne bastano due vasetti alla settimana per sopperire alle carenze alimentari dei bambini poveri.
Né Danone né Grameen Bank ottengono alcun dividendo da questa operazione, e questo è ciò che caratterizza le imprese sociali. Si potrebbe intervenire allo stesso modo per aumentare l' accesso all' acqua potabile, costruire case, ospedali e ambulatori che offrano servizi gratis ai poveri e si finanzino con le tariffe pagate dai ricchi. Potenziare l' uso delle energie rinnovabili e salvare i bambini di strada dal loro destino di miseria. Accanto alle borse che conosciamo oggi, abituate a trattare strumenti finanziari, dovrebbero nascere anche le borse del sociale. Nelle università dovrebbero sorgere nuovi dipartimenti o facoltà per insegnare a progettare e dirigere le imprese sociali, per misurare finalmente in maniera scientifica il loro impatto benefico. Avremmo così dei laureati in "amministrazione del social business" accanto ai tradizionali laureati in economia. I
l primo requisito di queste aziende sarebbe tagliare tutte le spese inutili per attrarre la clientela. Questo sistema economico esiste nei nostri cuori, ma non ancora nella realtà. Non vogliamo smantellare l' attuale sistema produttivo, ma solo affiancarlo e completarlo con il sistema delle imprese sociali. Finora abbiamo marciato su una gamba sola. è ora di completare le nostre potenzialità.
A quel punto potremo finalmente inaugurare il primo museo della povertà, in cui i bambini potranno entrare e stupirsi per come vivevano i loro antenati, riscoprendo un fenomeno che era ormai stato dimenticato. "C' era una volta la povertà". Scrivere questa frase è possibile, sta a noi decidere in quale giorno avverrà.
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